Gli ascessi anali sono la conseguenza di un infezione che origina a livello delle ghiandole poste tra il muscolo sfintere interno e il muscolo sfintere esterno che a loro volta circondano l’ultimo tratto del canale anale. Poste internamente, a circa 2 cm dal margine anale, in corrispondenza di quella zona di transizione che prende il nome di linea dentata, tali ghiandole hanno la funzione fisiologica di secernere muco e tenere ben lubrificato il canale anale.
Talvolta, in seguito a ristagno di materiale fecale, corpi estranei o lesioni traumatiche, si può verificare l’ostruzione dei loro dotti escretori con stasi del prodotto ghiandolare e successiva infezione che ha la tendenza a progredire e farsi strada tra i tessuti perianali dando origine ad una raccolta ascessuale. Qualora non sia avvenuto spontaneamente, il drenaggio (svuotamento) chirurgico dell’ascesso anale rappresenta il trattamento di prima scelta al quale farà quasi sicuramente seguito la formazione di una fistola perianale.
Le fistole perianali sono dei tunnel che mettono in comunicazione la cute perianale con l’interno del canale anale. Rappresentano la naturale evoluzione degli ascessi anali e possono presentare estrema variabilità di posizione, altezza e decorso. Sono caratterizzate dalla secrezione, attraveso il foro cutaneo (orifizio fistoloso secondario), di materiale purulento e maleodorante.
Quali sono i sintomi degli ascessi anali?
Gli ascessi sono caratterizzati dalla comparsa di gonfiore della cute perianale che appare arrossata, calda e con il passare delle ore e dei giorni si accompagna a intenso dolore e febbre generalmente molto alta con brivido.
Le fistole determinano invece continue perdite di materiale ematico e pus dall’orifizio cutaneo situato vicino all’ano che tende a non cicatrizzarsi. Quando, raramente, l’orifizio cutaneo dovesse chiudersi, determinando una guarigione apparente, possono ricomparire febbre, dolore e nuove raccolte ascessuali con formazione di fistole multiple che si sviluppano verso altre direzioni.
Diagnosi
La diagnosi di ascessi e fistole anali viene posta nella maggior parte dei casi con un’accurata visita colonproctologica. Può essere utile per una corretta classificazione della fistola (decorso, numero di diramazioni e rapporto con gli sfinteri) e al fine di programmare il trattamento chirurgico più adeguato eseguire un’ecografia endoanale a 360° e più raramente una risonanza magnetica. La manometria ano-rettale valuta la continenza sfinteriale e il potenziale rischio di incontinenza post-chirurgica su fistole complesse o in pazienti già operati.
Terapia
La terapia dell’ascesso perianale consiste nell’incisione chirurgica e nel drenaggio del materiale purulento in esso contenuto. Rappresenta una vera urgenza in campo proctologico per evitare, qualora non si fosse già verificato un drenaggio spontaneo, che l’infezione si diffonda verso l’alto dando un ascesso pelvi-rettale. Poche ore dopo il drenaggio del pus si ottiene la quasi completa regressione della sintomatologia (dolore e febbre).
Per gli ascessi di piccole dimensioni il trattamento chirurgico può essere eseguito in ambulatorio con anestesia locale, mentre per ascessi di maggiori dimensioni o nel caso di pazienti anziani, diabetici o immunodepressi può rendersi necessario il ricovero ospedaliero ed il ricorso a terapia antibiotica che in ogni caso non deve sostituirsi all’atto chirurgico.
Il trattamento della fistola perianale residua può essere solo di tipo chirurgico. E’ molto importante prima dell’intervento inquadrare bene il tipo di fistola definendone, con l’ausilio dell’ecografia endoanale, il decorso, il suo rapporto con il muscolo sfintere e se vi siano uno o più tragitti fistolosi. Infatti il buon esito dell’intervento dipende dalla capacità di individuare e abolire soprattutto l’orifizio primario quello cioè che comunica con l’interno del canale anale. Se condotto da un chirurgo colo-rettale esperto, capace cioè di scegliere la tecnica più appropriata al singolo paziente, l’intervento è capace di portare a guarigione completa limitando i casi di incontinenza anale a feci e gas che in letteratura interessano circa il 10 % dei pazienti con fistole complesse o già operati.
Le tecniche prevedono sempre l’asportazione di tutti i tramiti fistolosi associando talvolta, se la fistola è superficiale, una piccola porzione di sfintere; tale tecnica viene definita “messa a piatto”.
Altre volte, invece, se la fistola è alta, sarà opportuno posizionare un filo nel tramite fistoloso residuo per la sezione lenta del muscolo sfintere. Quest’ultima opzione prevede un trattamento che può durare anche alcuni mesi durante i quali il paziente potrà, tuttavia, condurre una vita pressoché normale (attività fisica ordinaria, sport, lavoro, ecc.).
Altre tecniche più complesse come gli advancemant flap o il posizionamento di plug garantiscono un maggior rispetto dell’apparato sfinteriale con risultati però molto variabili.
Qualunque tecnica si decida di utilizzare, l’intervento può essere condotto con anestesia loco-regionale (spinale o peridurale) e generalmente la degenza ospedaliera non supera le 24-48 ore. Sarà opportuno un periodo di riposo domiciliare per poter eseguire un accurata igiene e detersione della ferita chirurgica.
La mia opinione
Ritengo sia doveroso da parte del chirurgo che eseguirà l’intervento per fistola perianale prescrivere un’ecografia endoanale con sonda rotante 360° in modo da ottenere informazioni il più possibile dettagliate sul decorso fistoloso che ne consenta un’esatta classificazione.
Ritengo, inoltre, ugualmente importante eseguire una manometria pre-operatoria in modo da sapere a quanti cm dal margine anale si esercita la contrazione massima volontaria e stabilire dunque se sia opportuna una messa a piatto della fistola oppure preferire una sezione differita dello sfintere.
Per quanto riguarda la tecnica chirurgica ritengo che vi siano poche procedure, in chirurgia colo-rettale, dove il risultato è così notevolmente influenzato dall’esperienza e dal giudizio dell’operatore.
Segnalo come la tecnica del setone, usato per il trattamento delle fistole da almeno 25 secoli, continua ad essere il metodo più utilizzato anche ai giorni nostri, seppure con scopi che variano da caso a caso.
Vecchia o nuova che sia la tecnica utilizzata, l’obiettivo deve essere la radicalità del trattamento nel rispetto della funzione sfinteriale.